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capitolo x. 131

la teneva una graffiata con certe ugne d’acciajo, e fu di qualità da farsi tosto lasciar libera, e cadendo come una molla scoccata addosso a D. Michele, al quale s’attenne, scansò un pugno mandatole dietro, che se la coglieva, poveretta lei.

— Piglia su, figlia d’un canonico, diceva volta al soldato che, succhiando il sangue della graffiatura, guardava la vecchia come il mastino guarda il gatto che gli ha pettinato il grifo: piglia su, e se ti ci provi un’altra volta, avrai peggio.

— E tu, brutta strega, riprovati a venir quando son di guardia.... Sandro mio sia benedetto (e queste parole le diceva ripiegando il labbro inferiore indietro sui denti per imitar la voce della vecchia) lasciami entrare in monastero.... appena un momento che faccia motto alla forestiera, che mi dia un po’ di fila per Scannaprete che è ferito, un po’ di polvere per Paciocco che ha la febbre.... Un po’ di canchero (rifece la voce naturale) che ti strozzasse te e chi ti manda! Torna, torna, e ci avrai gusto. Mi possano strappar la lingua dalle canne, come il Valenza, che Dio gli dia bene, la fece strappare al ribaldo del tuo padrone, se non ti mando coll’orazion che ti meriti, strega della notte di San Giovanni.

La vecchia avrebbe avuto materia per rispondere e non infrangere una delle leggi fondamentali del codice femminile, quella d’esser sempre l’ultima a parlare: ma avea fretta di dir cose che importavano, onde volse le reni a Sandro con quell’atto di scherno che si può più immaginare che descrivere.

— Se non ci mettete le mani voi (parlava al Conestabile) vuole esser un bel ballo: su alla macchia è stato l’inferno stanotte. Son tornati gli uomini, che mancava un’ora a giorno. Conducevano quel brutto cristiano che prendeste ier sera.... Vergine! pareva un morto di tre giorni. Ma gli è durata poco la