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capitolo x. 127

chiar de’ corvi che verrebbero a beccarti gli occhi. Dunque a noi, veniamo al fatto: qui v’è da scrivere: fai che venga il danaro, poi va col tuo malanno dove ti pare.

D. Michele senz’affrettarsi a rispondere, lo guardava col ghigno di chi non temendo nulla per sè sta infra due se debba prender la cosa in canzone o sul serio. La stizza del capitano stava per mostrarsi, e forse più che con parole, ma venne prima la risposta:

— Conestabile, i fiorini ti piacciono, il vino non ti dispiace, devi essere un buon compagno. Già il buon soldato vuol esser così, birbo, ghiottone, e poca divozione. Ora, chi diavolo t’insegna a far il cattivo? Senti, voglio che siamo amici. È vero che m’avresti a pagar la nottata che m’hai fatto passare; e se non fosse.... basta te la perdono, ed invece voglio farti guadagnare.... Qui si volse guardando i due che l’avean condotto e che ancora lo tenevano per le braccia. Dite, ragazzi, non avete da far niente, che mi state alle coste come i ladroni a nostro Signore? Va, bello mio, disse svincolandosi da uno e dandogli per ischerzo della mano in sul viso; e liberatosi dall’altro nello stesso modo: Va, va anche tu, non serve, mi reggo da me. Andate a tener d’occhio intanto se compar nessuno sulla strada di Barletta. Quanto ci vuole a dir due parole qui a Sua Signoria! Già vedete che non ho arme accanto, e non fo conto d’inghiottirlo a digiuno; diavolo! ci vorrebbe uno stomaco peggio del vostro.

I soldati che non meno di Martino si stupivano di tanta disinvoltura, guardarono in viso al loro padrone per veder che cosa pensasse. Egli accennò di sì col capo, ed uscirono. Ma trovandosi solo con D. Michele stimò prudente l’alzarsi in piedi, e tenersi a portata della sua spada.

— Conestabile! m’hai domandato cento fiorini per