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prove, gli avrebbe nel resto prestato il suo ajuto volentieri.

Così rimasti d’accordo, si lasciarono, intesi che al più presto D. Michele si sarebbe fatto rivedere, ed intanto avrebbe adoperato i suoi argomenti onde conoscere se in quei contorni giacesse sepolto qualche tesoro.

Apparecchiato in tal modo il podestà, e vedendo che il suo inganno si metteva tanto bene, si dispose allora allora di caricar la trappola; cercò di Boscherino e gli disse come in servigio del duca gli bisognasse l’opera sua. Quegli, che al solo nome del Valentino tremava a verga, rispose, senza neppur sapere di che cosa si trattasse: Son pronto. D. Michele, senza aprirsegli per allora, gli disse soltanto: Aspettami fuor della porta che mette sul lido e conduce al ponte di S. Orsola (la tregua fra i due eserciti accettata dal capitano francese permetteva agli assediati di scorrer al di fuori per la campagna). Boscherino fu esatto all’appuntamento, non meno della sua guida, che lo raggiunse portando sotto braccio un involto.

Chi volesse seguitar costoro, li vedrebbe andar lungo la spiaggia sino ad un miglio oltre il ponte che congiunge l’isola alla terra ferma, quivi, voltando a sinistra, ficcarsi fra i macchioni d’una valletta deserta, ed entrare in una chiesetta antica, abbandonata, che molti anni avea servito di cimitero; ma questo viaggio, per non ripeterlo, aspetteremo a farlo a notte chiusa; e di questa economia speriamo che il lettore ce ne sappia buon grado.

Diremo soltanto che sulle ventidue ore comparì in piazza D. Michele solo, s’accostò al podestà che era in sulla bottega del barbiere, e gli disse all’orecchio:

— Il luogo è trovato. Stassera al tocco delle tre sarò all’uscio vostro. Non vi fate aspettare.

Di fatto alle tre ore D. Michele era al posto. Il podestà uscì; richiuse con diligenza senza far romore;