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102 | ettore fieramosca |
avere irrevocabilmente fissato. Avrebbe veduta con piacere quella barchetta tornar indietro, ma invece avanti, avanti: già era presso l’isola, già s’udivano i remi tuffarsi ed uscir dell’acque.
Zoraide, eccolo: disse volgendosi alla sua compagna, che alzò il capo appena, fece col viso l’atto di chi risponde, e tosto riabbassò gli occhi sul suo lavoro. Ginevra scese, e s’avviò al luogo ove s’approdava all’isola, e per una scala tagliata a scarpelli nel masso, giunse al mare appunto quando Fieramosca deponeva i remi in fondo al battello, e la prora si fermava contra lo scoglio.
Ma se alla donna mancava il cuore di dichiarare le sue risoluzioni, Fieramosca che aveva dal canto suo cose altrettanto gravi da svelarle, non si sentiva maggior animo di lei.
Lontano per molto tempo dai luoghi ove guerreggiava Grajano, non ne aveva più udita novella da un pezzo. Alcuni soldati venuti di Romagna, o fossero male informati, o scambiassero il nome, gli avevano affermato che era stato ucciso. Il prestar fede a costoro faceva troppo al caso suo perchè molto si studiasse a non credere, o si desse briga di acquistar certezza del fatto. Accade di rado che ove si tema di scoprire il proprio danno, si desideri di veder chiaro così trascurando sapere il vero, era venuto indugiando sino a quel giorno, nel quale gli occhi suoi propri l’avevano finalmente tratto d’inganno. Tornò in Barletta sempre combattendo con sè stesso, e sempre in contrasto s’egli doveva dirlo, o non dirlo a Ginevra. Il primo partito lo divideva da lei per sempre, il secondo gli sembrava colpevole, e poi come fare a nasconde qualche cosa a quella che era avvezza a leggere tutti i suoi pensieri?
Così, sempre fra due, giunse all’isola: non aveva ancora risoluto nulla quando trovò la Ginevra, e co-