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La sua preghiera era breve e non variava mai. Vergine Santissima, diceva: fate ch’io desideri non amarlo: e talvolta aggiungeva: fate ch’io mi risolva a cercar di Grajano, e desideri trovarlo; ma spesso le mancava il cuore di profferir questa seconda preghiera.

Dal ripeter di continuo quelle parole, ne avveniva talvolta che cogliesse sè medesima nel pensiero di Fieramosca, appunto nel momento in cui la sua lingua pregava onde poterlo dimenticare. Allora sospirava, piangeva, ma scorgeva anche troppo qual fosse in lei la volontà più potente. Quel giorno tuttavia, per uno di quegli alti e bassi che sono nella nostra natura, le sembrò di potersi finalmente risolvere al miglior partito. L’idea d’una malattia che la sua salute cadente le mostrava vicina; l’idea della morte fra i terrori di una coscienza non pura, sopravvenne in un momento di titubanza, diede il tratto alla bilancia e le fece prender la risoluzione d’informarsi di Grajano, e scoperto dove fosse, tornar con lui, in qualunque modo, ad ogni costo. Se Fieramosca fosse stato presente, gli avrebbe dichiarata la sua risoluzione allora allora, senza dubitar un momento; ma, disse, alzandosi per uscir di chiesa: Questa sera verrà e saprà tutto.

Le monache, finito il coro, uscivano tacite alla sfilata per una porticella che dava nel cortile del chiostro, e tornavano nelle loro celle.

Ginevra s’avviò dopo di loro. Entrò in un loggiato pulito come uno specchio che circondava un piccol giardino. Nel mezzo v’era un pozzo sotto una tettoja retta da quattro pilastri di pietra. Di qui, traversato un lungo andito, riuscì in un cortile di dietro. Il lato in fondo era formato da una casetta, ove non era clausura, separata dalla rimanente fabbrica, e vi s’alloggiavano i forestieri. Ginevra v’abitava colla giovane salvata da Fieramosca, ed occupavano due o tre camere; che, secondo l’uso de’ monasteri, non avean co-