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mente le mura. Un italiano, il Sammicheli, inventava i bastioni per cingerne la sua patria Verona, e forse prima di lui un napolitano avevane già afforzate le mura di Otranto contro le offese barbaresche, comechè più innanzi, cioè nel 1464, vuolsi in piedi il Garitone de’ fiori, in Torino. Luigi di Capua famoso capitano dell’ infelice Federico d’Aragona apre il campo alla guerra sotterranea delle mine; ed anche l’intelletto di Martinengo incarna il disegno delle contrammine nell’assedio di Rodi. Barocci italiano tra le file dell’italiano Alessandro Farnese immagina le batterie galleggianti per espugnare Anversa a pro del secondo Filippo; ma un altro ingegno d’Italia Federico Giambelli mantovano, il quale stava fra gli assediati, inventa le barche incendiarie dette francescamente brulotti; sicché lo Schiller toglie meritamente a chiamarlo l’Archimede d’Anversa. Gli sparì a rimbalzo, ond’è venuta manco ogni più ostinala difesa, furono opera del veneziano Moretti: le tanaglie per coprirla cortina hanno la prima immagine nel barbacannone dell’italiano Tensini, e la scienza del diffilamento o sottraimento era stata divinata nel capitolo de’ siti dal romano Pietro Sardi; pure vi corsero due secoli insino a che gli Oltramontani non ne avessero trattato.

Francesco Laparelli da Cortona, Baldassarre Lanza, e Bartolomeo Genga urbinate già fortificato aveano La Valletta, e Polito di Clemente le adiacenze di Recanati. Per opera del Buonarroti s’innalzano i baluardi di Firenze, San Miniato, ed il borgo di Roma. Sapientemente afforzano, Pellegrino Tibaldi Ravenna, Giambattista Rainaldi Ferrara, Bernardo Buon talenti Civitella del Tronto Porto ferraio Livorno Pistoia Prato e il Belvedere di Firenze. Sono pregevoli lavori di Giovanni Aleotti la cittadella di Ferrara, di Mario e Germanico Savorgnano molte fortificazioni del Veneziano, di Girolamo Cataneo i merli di Sabionetta, di Bonaiuto
Lorini Zara ed il castello di Brescia. Debbonsi a Gabriello Busca le muraglie di Suza Demonte e Momigliano, a Francesco Maurolico la cinta di Messina, a Giovanni Rinaldini quelle dell’isola del Gozzo, di Reggio, di Cotrone e di Lipari, a Vincenzo Scamozzi Palmanuova, a Giorgio Capobianco il Castello di Milano.

Pier Francesco da Viterbo, Sammicheli e Sangallo rendon forti Parma, Piacenza, Ancona, Castro, Nepi, Ascoli e Perugia, il Paciotto le cittadelle di Torino e di Anversa, Giovanbattista Belici Boulogne in Piccardia, Giacomo Castriotto la città di Calesse, molti luoghi della Linguadocca della Provenza del Lionese della Sciampagna della Normandia e di altri punti sulla frontiera. Seguitano in Francia la Catterina de’ Medici nel 1534 il cavaliere Relogio i due Marini Campi Bellarmata Befani e parecchi altri ingegneri italiani; e vediam sorgere colà altre opere forti, fra le quali Brovage, Perpignano, San Desiderio e Metz. Ma v’ ha più ancora: a munire Sedan ecco il Pasino ferrarese; Vincenzo Casali risarcisce ed immeglia alquante fortezze del Portogallo, Francesco Giuramella ricinge Custrin e Spandau, Pietro Floriani da Macerata e Giovanni Pieroni da Firenze muniscono Vienna. Queste e mille altre cose operaron tra noi ed altrove valorosi italiani; sicché lo stesso Allent il quale discorre le condizioni dell’arme del Genio francese sotto l’impero scrive queste parole «l’Italia forniva gl’ingegneri al resto di Europa». E mentre qui si andavano illustrando la filosofia e le ingenue discipline, non lasciaronsi neglette le opere militari. Infatti nel 1521 pubblicava il Machiavelli l’Arte della Guerra, e volgendo lo stesso anno apparisce il primo trattato di fortificazione di Giambattista de la Valle della nostra Venafro; nè indugia gran fatto la pubblicazione delli quisiti et invenzioni diverse di Niccola Tartaglia, al quale si dee il primo pensiero del cammino curvilineo de’ proietti,