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30 annali d’anna.

gità delle ciurme inasprite dalle fatiche della navigazione. Ella non osava lamentarsi, poichè mangiava il pane nella casa delli altri. Ma quel supplizio di tutte le ore la rendeva ebete: una imbecillità grave le opprimeva a poco a poco l’intelligenza indebolita.

Per una naturale inclinazione affettiva dell’animo, ella poneva amore alli animali. Un asino di molta età era ricoverato sotto una tettoia di paglia e di argilla, dietro la casa. Il quadrupede mansueto portava cotidianamente some di vino da Sant’Apollinare alla tavernella; e se bene i suoi denti cominciavano a ingiallire e le sue unghie a sfaldarsi, e se bene il suo cuoio era già secco e non aveva quasi più pelo, talvolta nel conspetto d’una fiorita di cardi ridirizzava le orecchie e si metteva a ragliar vivacemente in un’attitudine giovenile.

Anna empiva di profenda la greppia e d’acqua l’abbeveratoio. Quando il calore era grande, ella veniva sotto la tettoia a meriggiare. L’asino triturava i fili di paglia tra le mandibole laboriose, ed ella con un ramo fronzuto faceva opera di pietà liberandogli la schiena dalla molestia delli insetti. Di tanto in tanto l’asino volgeva la testa orecchiuta, per un rincrespamento delle labbra flosce