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cocco, frutti dell’albero del pane, legno di sandalo, ambra grigia, ignami, cera, banane e canne di zucchero. Alcuni portavano alli orecchi bastoni dipinti, su la pelle avevano incise molte figure di uccelli, e tenevano in mano archi lunghi dodici piedi e scudi di cuoio di bufalo. Altri erano cinti d’un perizoma di scorza, avevano la bocca e i denti neri come l’ebano per l’uso delli aromi, i capelli intrecciati di piume, e percotevano stromenti composti di sei vasi di rame gradanti entro un legno concavo.

Ora, essendo Làimo nelle acque di una terra selvosa, i naturali in gran numero gli vennero in contro sui paliscalmi con suoni e con cantici per offerirgli i doni che si offrono agli dèi e per adorarlo. Vigeva in quella terra la profezia di un antico nume: ‟Io tornerò un giorno sopra un’isola galleggiante che porterà cocchi, porci e cani.”

Quando Làimo ebbe attinto il lido, il re tra i figli si avanzò verso di lui, gli gittò su le spalle il manto, gli porse un elmo di piume, un ventaglio, e innanzi gli depose pezzi d’oro, diamanti e perle. Tutto il popolo mise alte grida; femmine quasi ignude, dipinte d’ocra vermiglia, recarono piccoli porci, noci e banane. Poi i grandi sacerdoti lentamente uscirono dal folto delli alberi, portando i