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300 il martirio di gialluca.

abitudine ch’egli aveva nel condur le cose con attenzione. Come il trabaccolo barcollava, il taglio riusciva ineguale; il coltello ora penetrava più, ora meno. Un colpo di mare fece affondare la lama dentro i tessuti sani. Gialluca gittò un altro urlo, dibattendosi, tutto sanguinante, come una bestia tra le mani dei beccai. Egli non voleva più sottomettersi.

‟No, no, no!”

‟Vien’a qua! Vien’a qua!” gli gridava Massacese, dietro, volendo seguitare la sua opera perchè temeva che il taglio interrotto fosse più pericoloso.

Il mare, ancora grosso, romoreggiava in torno, senza fine. Nuvole in forma di trombe sorgevano dall’ultimo termine ed abbracciavano il cielo deserto d’uccelli. Oramai, in mezzo a quel frastuono, sotto quella luce, una eccitazione singolare prendeva quelli uomini. Involontariamente, essi, nel lottare col ferito per tenerlo fermo, s’adiravano.

‟Vien’a qua!”

Massacese fece altre quattro o cinque incisioni, rapidamente, a caso. Sangue misto a materie biancastre sgorgava dalle aperture. Tutti n’erano macchiati, tranne Nazareno che stava a prua, tremante, sbigottito dinanzi all’atrocità della cosa.