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i marenghi. 243


‟Ohe,” gridò egli, ‟l’Africana, una fujetta!” percotendo il tavolo con la pipa d’argilla che al colpo s’infranse.

L’Africana, la padrona della taverna, si mosse dal banco verso il tavolo, barcollando per la sua corpulenza grave; e posò dinanzi a Passacantando il vaso di vetro colmo di vino. Ella guardava l’uomo con uno sguardo pieno di supplicazione amorosa.

Passacantando d’un tratto, dinanzi a lei, cinse co ’l braccio il collo di Peppuccia costringendola a bere, e quindi attaccò la bocca a quella bocca che ancora teneva il sorso del vino e fece atto di suggere. Peppuccia rideva, schermendosi; e per le risa il vino mal tracannato spruzzava la faccia del provocatore.

L’Africana divenne livida. Si ritrasse dietro il banco. Di mezzo al fumo denso del tabacco le giungevano li schiamazzi e le mozze parole di Peppuccia e della Pica.

Ma la vetrata si aprì. E comparve su la soglia il Fiorentino, tutto avvolto in un pastrano, come uno sbirro.

‟Ehi, ragazze!” fece con la voce rauca. ‟È ora.”

Peppuccia, la Pica, le altre si levarono di tra li uomini che le perseguitavano con le mani e