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156 | il commiato. |
dalle rose, le braccia nude sino al gomito; e nulla era più amoroso e più dolce che il piccolo tremito delle tue mani pallide su le mie tempie.... Ti ricordi?”
‟Sì. Segui!”
Egli seguiva, crescendo nella tenerezza. Inebriato delle sue parole, egli giungeva a credere ciò che diceva. Elena, con le spalle volte alla luce, andavasi chinando all’amante. Ambedue sentivano a traverso le vesti il contatto indeciso dei corpi. Sotto di loro, le acque del fiume passavano lente e fredde alla vista; i grandi giunchi sottili, come capigliature, vi s’incurvavano entro ad ogni soffio e fluttuavano largamente.
Poi non parlarono più; ma guardandosi, sentivano nelli orecchi un remore continuo che si prolungava indefinitamente portando seco una parte dell’essere loro, come se qualche cosa di sonoro sfuggisse dall’intimo del loro cervello e si spandesse ad empire tutta la campagna circostante.
Elena, sollevandosi, disse:
‟Andiamo. Ho sete. Dove si può chiedere acqua?”
Si diressero allora verso l’osteria romanesca, passato il ponte. Alcuni carrettieri staccavano i giumenti, imprecando ad alta voce. Il chiarore del-