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66 notturno

pra il letto. Non oso spegnerla, se bene sia accecante.

Mi servo del gran mantello grigio come d’una coltre. Mi copro il capo, per non vedere la luce. Sono morto di stanchezza, ma non posso dormire.

Quando chiudo gli occhi e il sopore m’invade, vedo il mio amico vivo, che mi viene incontro. Sobbalzo.

Sogno ch’egli entra nella Casa rossa e che io gli dico: «Sei tu? Sei tornato?»

Si scopre, si disviluppa dal mantello nero. Non è lui: è una maschera, una di quelle maschere bianche ingessate che i Veneziani portavano con la bauta.

Passa un tempo che non so.

Odo passi nel corridoio. Odo il suono delle trombe mattutine nelle caserme prossime.

Il capo mi duole. Ho nella nuca e nell’occipite una pulsazione dolorosissima.