Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
ANNOTAZIONE | V |
attraverso i carnai e i deserti, per la festa del suo nome. Fu come «il miracolo del sangue». Stavamo attoniti e muti, quasi che non avessimo mai veduto una rosa fresca. Allora nel fondo buio della caverna mi apparve mia madre ridivenuta spiritualmente bella come di là dalla morte.
Era una sera di gennaio — il 27 gennaio 1917 — Quando un mésso di Luigi Cadorna mi recò l’annunzio fùnebre al letto dove m’aveva coricato una gran febbre. Mi alzai. Mi avvolsi nelle mie pellicce d’aviatore. Partii. Rifeci nella neve nel ghiaccio e nella febbre il viaggio di quel marzo d’avanti l’esilio. Rivalicai il Tronto. Rividi le foci dei piccoli fiumi. Rividi per la strada litorale i bovi, i carri, l’asinaio dietro il suo somiere. Ripassai sotto l’arco di mattone. Spinsi la mia porta socchiusa. Fiutai l’orribile odore dei fiori. La scala n’era piena. La prima stanza n’era piena.
Là era la bara.
Nelle mie notti di espiazione non avevo contemplato «la morte vestita di non che celeste pudore»? non avevo pensato all’arte di quel dio che nel dì novissimo «rimodellerà i volti dei suoi eletti a simiglianza della sua bellezza recóndita»?
Ella era anche più bella che la sua apparizione nella caverna, più bella che qualunque creatura umana da me conosciuta nei miei anni. La sua faccia era rimodellata secondo i lineamenti della sua anima. La sua anima non poteva essersi partita. Era tuttora accesa alla sommità del suo corpo consunto, come quelle fiammelle in cima a quei ceri. E la sua consunzione non era disfacimento. Dopo più di tre giorni, non dava alcun segno o sentore d’impurità. Era conservata dall’aroma del suo cuore.
Il popolo inginocchiato credeva alla santità, credeva al prodigio.
Su la fine del quinto giorno, la salma esposta nella chiesa, tuttora scoperta agli occhi del popolo che non si saziava di rimirarla, appariva immune dal fato carnale. L’«amore senza figura» e la «bontà senza figura» del Mistico avevano assunto quell’aspetto al limite dell’eterno. Così la morte non era più un passaggio oscuro tra due luci, ma era la congiunzione chiara di due luci.
Tale fu poi per me, da quel punto.