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484 | notturno |
qui, su per le scale, di gradino in gradino, ha calpestato il mio cuore vuoto. E entrato come io entrai nella piccola stanza della Comina.
Che mi porta?
Mi getta su le ginocchia la testa forata di Alfredo Barbieri?
È più emaciato che allora sul lettuccio da campo. Gli occhi neri, ancor più larghi, gli mangiano la macie.
La mia visione lo inverdisce come se fosse morto da quattro giorni.
Perché è venuto a spaventarmi?
Che è questo fardello che mi pesa su i piedi freddi?
Pellicciotto e casco e braconi e guanti.
Me lo riporta qui quel fante che non ha potuto ancóra ingoiare quel boccone di pan méscolo?
Plàcati, cuore. Lascia che io distingua i vivi dai morti.
Lascia che io riconosca quella voce che in quel meriggio di febbraio non