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notturno 483

tìssi più miseramente la mia meschinità?


A me nessun discepolo ha dato un monumento nuovo. Son qui nei medesimi lenzuoli, nelle medesime fasce, nel medesimo sudore e tremore.

Non sorgo.

Sconto l’indulgenza di ieri. Mi sento ancor più fiaccato, come dal colpo di grazia. Questa carne stracca non è tenuta insieme dalla carcassa ma dall’ira.

Vedo verde. Vedo nell’ombra le mie mani verdi. Tutta la stanza è verde come una pergola folta. E come se avessi la testa avviluppata nel lauro tondo che mi fosse divenuto tutto di vetro screpoloso.

È uscito dal sepolcro Oreste Salomone per venire oggi al mio capezzale?

È venuto all’improvviso, senza avvertirmi. Dalla soglia in calle fino a