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notturno 477


Mi soffermo davanti a questo spettacolo di passione devastatrice.

L’insetto è confitto nella dolcezza del fiore con una fame che somiglia al perdimento e al rapimento.

È splendido come una lamina d’oro che trasparisca a traverso uno smeraldo levigato.

È una gemma stupenda e una forza selvaggia.

È immemore di tutto, oblioso d’ogni rischio, d’ogni sorpresa, d’ogni minaccia, profondato nel suo gaudio come in un delitto che non tema castigo.

Di nuovo sento, come nella prima giovinezza, quel che v’è di divino nella fame e nella sete.

Tutto il cuore della rosa è guasto e, tra una corona di petali ancora intatti, appare gialliccio come un resto di miele.

La piaga è nettarea, l’eccidio è soave.

L’amore insaziato ignora la colpa.