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notturno 475

d’uno di quei gattici argentini che da tutti i loro freschi ramoscelli tremano al vento dell’argine.

La piccola rosa è innestata in lei, è il fiore della sua tenerezza.

È così pura, così fragile, così delicatamente costrutta che non le si può paragonare una cosa corporea ma sol forse un pensiero casto e ineffabile.

Non v’è forma d’infanzia che l’agguagli.

Bisogna piegare i ginocchi e adorarla.

La sua perfezione è fugacissima.

Mi sembra di vedere i suoi petali schiudersi d’attimo in attimo.

In su la prima notte sarà già aperta e vana.


L’inerzia di tanti giorni m’aveva imprigionato nel senso della mia sola caducità tra cose inanimate. Ecco che riacquisto l’orecchio del poeta seduto in riva al fiume del tempo: riodo la melodia del perpetuo fluire.