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notturno 445


Bellezza della notte, quante volte t’ho perduta!

Di vedere, di guardare, di conoscere ero avido sempre, insaziabile ero sempre. Eppure, o mie pupille erranti, non avete veduto abbastanza, non avete guardato abbastanza, non avete potuto accogliere in voi tutte le facce della deità manifesta.

E una di voi è già spenta, e l’altra s’intorbida e si affatica e forse è destinata a oscurarsi.

«Guarda! Guarda!»

Nel plenilunio risuona quella voce che sapeva accordarsi con ogni tono della sventura e con ogni tono della felicità: la voce di Ghìsola.

«Guarda! Guarda!»

Ella mi riscoteva dal sonno. Ero annegato nel sonno come in un fiume nero. Mi pareva ch’ella mi prendesse di sotto alle ascelle e si sforzasse di trarmi su dal gorgo torpido.