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notturno 425

toscano non svelato in quella strofe alcaica del Canto novo tutta argentina di vétrici.

Ogni passo era un aumento di gioia silenziosa.

Ma ella scorse di lontano la madre che veniva in cerca di noi camminando in contro a noi; e me lo disse.

Allora ci soffermammo, e tremammo tutt’e due come le vétrici; e ci parve che la fiamma subitanea del rossore ci montasse alla faccia dalle calcagna e di più giù che le calcagna: dalla verecondia della stessa primavera.

Ora come può il sogno ricondurre da tanto lontano il rossore e mutarlo in un così glorioso giubilo di sangue?

E perché mi sono svegliato?



Prego uno dei sonatori che mi lasci vedere il suo violoncello. Egli me lo porta delicatamente, con un sorriso modesto.