Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
422 | notturno |
gli gocciolava sopra il viso e il ventre gli s’appiccava sotto il mento?
Quando dipingeva questa testa di Adamo, i piedi della figura erano laggiù, lontani come i miei se nel travaglio dei tossici smarrisco il senso del corpo e mi difformo a dismisura.
Non credo che ci sia nel numero dei drammi mentali un fuoco di cervello da paragonare a questo.
L’istinto di divinazione accompagnava continuo l’opera. Se è vero che nella Sistina egli non fosse in buon luogo, è pur vero ch’egli non faceva il pittore, come confessò egli stesso in rima al suo Giovanni.
Aveva nel suo «petto d’arpìa» l’afflato dei suoi profeti e delle sue sibille, e nella fronte rugosa il balenìo continuo del Monte Tabor, questo manovale disperato, questo macinatore e intonacatore ansante. Non lavorava se non d’ispirazione e di miracolo. E il manico del suo pennello non era se non una verga divinatoria.