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notturno 407


Mi depone nella tenebra marina del mio sepolcro icàrio.


Non so più cosa son cosa faccio...

Ella sembra un giovinetto, ma non è vestita come Cherubino. È vestita all’italiana, all’uso degli antichi abiti italiani di due colori. Porta un gran berretto di velluto che mi fa pensare a Pisanello; e non le manca se non una bella daga dietro le reni falcate, e l’arte di ferire.

È verso sera. La luce si fa mite. Quella pietà senza peso, che porta il nome di Aelis, ha aperto la finestra più lontana e mi ha concesso un bicchiere d’acqua con l’orlo d’oro.

Ho nell’occhio una bolla di forma ovale, come un altro occhio di fuoco labile. Ma vedo laggiù riflesso nello specchio il gran muro di glìcini; e dal fondo del mio cervello il mio glìcine tristo ricomincia a fiorire.

Entra l’aria. Indovino che conosce