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392 | notturno |
rale butteroso di Girgenti quando io ero cavalleggiere, torna a guardarmi bieco.
E troppo m’attrista lo sguardo di Malatesta, del mio bel saltatore d’Irlanda storno codimozzo, che su un ponte d’Arno morì sventrato dalla stanga tronca del baroccio a cui avevano condannata la sua vecchiezza i miei persecutori.
Cavalli, cavalli senza numero, come a Versaglia nel primo ferragosto della guerra di Francia.
Stanno legati a una corda tra fusto e fusto, sotto gli alberi che tuttora mostrano l’arte delle cesoie; e il fieno la paglia il fimo sconciano la politezza dei nobili viali.
Ma quel ferito ha su la spalla fracassata un gran mazzo di rose; e quell’altro, che mostrava le gambe in sfacelo nere di sangue e di mosche, è ricoperto da una mantiglia di pizzo di Fiandra.