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notturno 385


Inclinasti il bel collo; e la tua criniera non toccò il suolo come la chioma del corsiere di Achille.

Ma, se anche a te la deità avesse dato la voce dell’uomo, forse m’avresti rivelato il tuo dolore e m’avresti presagito la mia sorte.


O roseti della terra d’Azîyeh, rifioritemi!

Sono giovine ancóra; e non temo il deserto.

Mi strappo le bende, mi slego i ginocchi, mi svìncolo i piedi.

L’alba mi ama. Bevo la rugiada per purificarmi il sangue da ogni tossico.

L’aurora mi ama. Mastico l’erba del grano che si leva, per restituire al mio cuore il ritmo della forza intégra.

Ho pettinato io medesimo il ciuffo la criniera e la coda del mio cavallo. Gli ho dato io medesimo l’orzo intriso con la crusca, e l’ho abbeverato.