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notturno 375

cido. Qua e là in prossimità delle ali altri guizzi brillarono. Un dorso arcuato tagliò la rotta a prua. Una danza marina accompagnò il velivolo strisciante.

Era una torma di delfini. I loro guizzi e i loro salti non soltanto seguivano la scìa ma radevano a quando a quando i timoni e le ali, minacciavano d’infrangere la fragile struttura.

Il giovine china il capo verso di me per vedere il mio sorriso, avvicina il suo fresco sorriso al mio che fende il metallo arido della mia bocca.

Si crea un nuovo mito. I delfini amici dell’uomo non danzano intorno alla nave d’Arione, non intorno al cadavere d’Icaro sostenuto dalle armature delle ali spennate. Icaro sfiora l’acqua con un volo radente come quello del gabbiano che insegua la preda natante.

— «Per difenderci dovemmo ricorrere alla mitragliatrice» — sog-