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notturno 365


Di uccidermi avevo voglia quando tutta la casa risonava degli urli che mettevano nella corte i maiali grassi scannati riempiendo di sangue i bacini sottoposti. L’orrore mi cacciava di stanza in stanza. La vita mi faceva paura come se mi incalzasse con l’accoratoio nel pugno. Mi rifugiavo in un angolo, con la faccia contro il muro, con la mano nella bocca convulsa. Il singulto mi scoteva tutta la notte. La mattina dopo ero smorto come se mi avessero aperta una vena del collo.

Perché mi torna da tanto lontano questa tentazione di balzare a un tratto fuor d’ogni crudeltà e d’ogni orrore?


Munito del suo disco forato e del suo specchietto riflettore, l’oculista dianzi mi leggeva nell’occhio spento o nel cervello acceso?

Aveva un duro cipiglio.