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290 | notturno |
E anche una volta tutto diviene presente e vivente, tutto palpita e sanguina. Si partono dalla sponda del mio letto le passerelle di tavole posate sul fango; e mettono il muso nel mio guanciale come nella sacchetta da biada i maremmani villosi dei due cavalleggeri che guardano i fili dei telefono.
Vedo risfavillare gli occhi felini dei giovani tenenti di vascello che divorano la minestra grossa, mentre nella baracca della mensa io porto l’ordine di cominciare il tiro a mezzogiorno.
Ora cammino con quell’ardente allegrezza per la viottola, sopra i mattoni messi a far ponte nella belletta.
Ora salgo per la torre di legno simile a quella di una pagoda, nascosta nella gran fronda della quercia.
I marinai gridano da tutti i loro denti abbaglianti.
Vedo la Sdobba e il Quaranta cerulei, la corona nevata dei monti, un