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notturno 285


La sua presenza è leggera. Il suo passo è leggero, i suoi gesti sono leggeri. La sua gentilezza affettuosa è intenta a non turbare l’aria quieta intorno alla mia inquietudine. La mia stessa infermiera non è cauta come questo brusco uomo di guerra. Penso al mio modo di trattare i marinai feriti, nell’Isola Morosina, che sembrava non sentissero male quando io li movevo sopra le tavole fangose che servivano di barelle.

Tuttavia questa sua gentilezza mi fortifica, simile a certe bevande leni che accendono il sangue.

Fabbrico dentro di me quell’acciaio che avrei voluto martellare quando traevo le mie dieci canzoni dalla «fornace imperterrita».

Su, fuoco, travaglia! — Gloria, fiammeggia! Su, cantor di genti, — con la vittoria a gara!

Lo scontento e il corruccio degli anni imbelli, degli anni d’onta, mi