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Un guardiamarina che è quasi un fanciullo, un siciliano che sembra un adolescente arabo educato alla Corte di Federico di Svevia, stropiccia fra le sue dita brune una foglia odorosa, una foglia d’una di quelle erbe che crescono in un vaso di terracotta su i davanzali delle finestre nei campielli solitarii. L’odore è così forte che ciascuno di noi lo fiuta, con le nari palpitanti.

Quella sola foglia, su quella tremenda nave di battaglia dove tutto è ferro e fuoco, quella foglia d’amore ci sembra infinitamente preziosa ed evoca nel nostro spirito i giardini abbandonati della Giudecca e delle Fondamente nuove.

Il comandante séguita a dettare l’ordine dell’operazione, con la sua bella pronunzia toscana, con la sua schietta lingua che è quella stessa dell’epistola che Ramondo d’Amaretto Mannelli mandò a Lionardo Strozzi quando i Genovesi furono