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verso la bellezza e l’orrore della vita?

Il mio capo resta immobile, stretto nelle sue bende. Dalle anche alla nuca una volontà d’inerzia mi rende fisso come se veramente l’imbalsamatore avesse compiuta su me la sua opera.

Sùbito le mie mani trovano i gesti, con quell’istinto infallibile che è nelle membrane delle nottole quando sfiorano le asperità delle caverne tenebrose.

Prendo una lista, la palpo, la misuro. Riconosco la qualità della carta dal lieve suono.

Non è quella consueta che mi fabbricavano a mano pagina per pagina gli artieri di Fabriano ponendovi la filigrana della mia impresa che ora mi sembra tremenda come un supplizio perpetuo. È liscia, un poco dura, tagliente ai margini e agli spigoli. È simile a un cartiglio non arrotolato, simile a uno di quei carti-