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164 | notturno |
udivo respirare, sospirare. Travedevo quelli del lato sinistro, l’inchinarsi pietoso dei loro turbanti di lino, le loro bocche meste, le loro mani rassegnate.
Avevo compassione di loro com’essi avevano compassione di me. Ero il loro compagno; erano la mia gente. Ero nudo di ogni privilegio, senza singolarità, senza rilievo, senz’altra gloria che il mio umile sacrifizio. Non soffrivo di me ma di non poter più combattere, ma di non aver più le mie ali, le mie armi, il mio cómpito. Ero messo fuori della guerra, allontanato dal fuoco, escluso dalla fucina dove si fondeva la sostanza nuova.
Com’era il mio viso? Toccavo in quel punto il fondo della tristezza e della dolcezza. Nulla mai nella vita m’aveva fatto tanto male e tanto bene. Qual era il mio aspetto paziente, su quel lenzuolo, su quella branda dove tanti altri semplici sol-