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notturno 157

se non questo, non soffro se non di questo.

Se le mie mani non fossero inerti, potrei palparlo, misurarlo, riconoscerne la forma, la durezza, il calore.

Il mio patimento è vile e senza potere.

A un tratto un sentimento d’attesa sembra sciogliere il torpore dell’anima e quasi risollevare il tono vitale. Qualcuno è per venire nel buio, senza parola.

Ora s’accosta, si china, mi tocca, mi toglie dal fianco la pena, la prende con sé come un fardello, la porta via, s’allontana.

Non viene se non una stanchezza desolata.

E, nel primo principio del sopore, di sùbito si riaccende nell’occhio ferito una vita terribile. Non posso aprire le palpebre per sfuggire all’apparizione spaventosa.

La fasciatura mi preme. La com-