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pezza logora penzolante da una campanella della mangiatoia vuota.



Gli orizzonti si sono avanzati come quattro barre, si sono chiusi come uno steccato. La città v’è rimasta dentro senza vita, senza respiro, esanime.

La casa, piena di sollecitudini, di voci sommesse, di cure, di rumori segreti, di piccoli iddii nascosti, s’è acquetata, s’è come dileguata, è diventata inesistente. Sole le quattro pareti della mia stanza esìstono, e intorno è il vuoto senza fine.

Poi sole esistono le quattro colonne del mio letto che credo di sentire nel buio come quattro aste d’una tenda quadrata nel deserto.

Poi sole esistono le mie ossa, solo esiste il mio scheletro fasciato di carne. E nello scheletro è come una coagulazione improvvisa della vita.