Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu/150

138 notturno

stre come se la passione degli uomini le percotesse del suo riverbero sanguigno. La prima barricata era già fatta.

I cavalleggeri guardavano i bivii e i crocicchi. Mi salutavano al passaggio. Scorgevo il bianco degli occhi sotto il ciuffo selvaggio dei cavalli maremmani, con non so che memore tenerezza. Toccavo una groppa, toccavo una criniera, al passaggio, con un piacere subitamente giovenile. I soldati sorridevano.

Sorrisi in volti stanchi di vent'anni, vaghi come quelli che preludono al riposo.

Ricordavo l’odore della scuderia di Faenza, la posta del mio maremmano morello che cercava di mordermi quando gli passavo la brusca sotto la pancia, la biada che rubavo accortamente alle altre mangiatoie per riempirgli la sua, l’abbeverata all’alba quando nel barlume i cavalli bianchi dei trombettieri mi pare-