Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu/140

128 notturno

arditamente perché coli nella forma il metallo liquefatto.

La folla è come una colata incandescente. Tutte le bocche della forma sono aperte. Una statua gigantesca si fonde.

Mi volto. Discendo. Vacillo in una leggera vertigine. La sete mi divora. Chiedo in grazia un sorso d’acqua. Le donne del popolo accalcate mi circondano di pietà, mentre attendo. Una mano rude mi porge il bicchiere dell’acqua lustrale. Mi disseto e mi purifico. Bevo, e faccio la libazione che precede il sacrifizio.

Discendo. Non so chi mi porti. Tutto è ardore e clamore, creazione ed ebrezza, minaccia e vittoria, sotto un cielo afoso di battaglia ove stride il saettìo delle rondini.

Soffriamo d’essere inermi. Soffriamo di non combattere, di non essere trasmutati in un impeto di legioni veloci che trapassino il confine ingiusto.