egli contempla con gli altri in lungo silenzio la perfetta bellezza di Autolieo, quasi riconoscendo una presenza sovrumana. Con sottil gusto discorre, in séguito, dei profumi e della danza e del bere non senza ornare il discorso d’imagini vivide, come un saggio e come un poeta. Gareggiando quivi di venustà con Critobulo per gioco, esce in queste parole carnali: “Poichè ho le labbra tumide non credi tu che io abbia anche il bacio più molle del tuo?„ Al Siracusano, che dà quivi spettacolo con una sua auleda e con una danzatrice mirifica e con un fanciullo ceteratore, consiglia di non più costringere quei tre giovini corpi a sforzi crudi e a prodigi perigliosi i quali non danno piacere, ma di lasciare che la lor puerile freschezza secondando il suono del flauto prenda le attitudini proprie delle Grazie, delle