torno a lui. Ammiravo i più belli, ornati
di più nitide eleganze, su i quali
i suoi occhi rotondi e sporgenti — quei
suoi occhi nuovi, in cui era una vista
propria a lui solo — si posavano più
spesso. Si prolungavano nella mia imaginazione
le avventure dei forestieri venutigli
di lontano come quel trace Antistene
che faceva quaranta stadii al
giorno per udirlo e come quell’Euclide
che — avendo gli Ateniesi fatto divieto
d’entrare in Atene ai cittadini di Megara
e decretato per i trasgressori l’ultima
pena — si vestiva di abiti muliebri;
e così vestito e velato esciva dalla
sua città in sul vespro, compiva un
lungo cammino per trovarsi presente
ai colloquii del Saggio, quindi all’alba
riprendeva la sua via sotto la stessa
larva pieno il petto di un entusiasmo
inestinguibile. E mi commoveva la sorte
di quel giovinetto elèo Fedone bellis-