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Note alla Canzone d’Elena di Francia

ma sol qualche gocciola ad irrorare l’aridità del suo cuore. “Li sainz roi disoit dévotement: O sire Dieux, je n’ose requerre fontaine de lermes: ainçois me souffisissent petites goutes à arouser la secherèce de mon cuer... Lesqueles, quand il le sentoit courre par sa face, souef et entrer dans sa bouche, eles li sembloient si savoureuses et très-douces, non pas seulement au cuer, mès à la bouche.„

Durante l’agonia, dopo il secondo infelicissimo passaggio, in prossimità di Cartagine, il Re volle esser tratto dal letto e disteso su la cenere. Il suo giovine figliuolo amatissimo, Gian Tristano, era già morto sul vascello.

Carlo d’Angiò venne allora di Sicilia “con grande navilio e con molta gente e rinfrescamento„ come narra Giovanni Villani; patteggiò col soldano di Tunisi; e ripartì con le reliquie del fratello e del nipote. Giunto il convoglio a Trapani l’Invitta (Drepanum civitas invictissima, come fu scritto intorno al sigillo municipale) Tibaldo di Sciampagna re di Navarra, già infermo, si spense. Con le tre bare il corteo si mise in viaggio verso Palermo, per la via di terra. Quivi fece una sosta di due settimane. Il corpo di San Luigi fu collocato nella basilica palatina di Monreale, ove operò i primi miracoli. Il cuore fu anzi lasciato nel tempio dei re normanni. Poi il re di Sicilia, il re novello di Francia Filippo l’Ardito con sua moglie Isabella d’Aragona e i superstiti della tristissima impresa continuarono il viaggio sino a Messina, passarono lo stretto e s’internarono nella Calabria. Era di gennaio. Nevicava per le gole dei monti. Non lungi da Martirano, il corteo lugubre giunse al guado di un torrente tributario del Savuto. La giovane regina, benché incinta di sei mesi, spinse arditamente il cavallo tra i sassi sdrucciolevoli (“Praesunta quadam virili audacia pereundi„ dice Saba Malaspina); ma la bestia inciampicò e cadde trascinando Isabella nell’acqua


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