d’estate quando ci disseta a sorsi
e nella pausa noi pensiamo i fonti
dei remoti giardini ov’egli errò.
25L’udii come s’io fossi ancor sommerso
e la sua voce avesse umido velo.
Ma reclinai la gota, e d’improvviso
tiepida come sangue dalla conca
dell’udito sgorgò l’acqua marina. 30Pur, profondando nella sabbia i nudi
piedi, io sentia partirsi lentamente
il buon calor del tramontato sole.
E chi recise all’oleandro un ramo?
Io non mi volsi, ma l’amarulenta 35fragranza della linfa dalla fresca
piaga mi giunse alle narici, vinse
l’odor muschiato dei vermigli fiori.
“O Glauco„ disse Berenice “ho sete.„
Ed Aretusa disse: “O Derbe, quando 40fiorì di rose il lauro trionfale?„
Ella ben sapea quando, ma non Derbe
inesperto in foggiar lucidi miti.
Ed il cuore profondo mi tremò,
tremò della divina poesia.