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TERZO - ALCIONE


cupa sonar lungh’essi i promontorii
selvosi; udire parvemi
75canti fatali spandersi dall’isole.
E quasi inconsapevole
la man correami per quell’erba strania,
meditando io nell’animo
il prodigio. Divelsi dalle radiche
80gli steli foschi; e, simile
a capra di virgulti avida, mordere
incominciai, discerpere
e mordere. Rigavami le fauci
il suco, ne’ precordii
85scendeami, tutto il petto conturbandomi.
“O terra!„ gridai. Fumida
era la terra intorno come nuvola
che fosse per dissolversi
ne’ cieli, sotto i piedi miei fuggevole.
90E un amor terribile
sorgeva in me, dell’infinito pelago,
dell’amara salsedine,
degli abissi, dei vortici e dei turbini.
La mia carne era libera
95della gravezza terrestre. Nascevami
dall’imo cor l’imagine
d’un’onda ismisurata e per le pàlpebre
mi si svelava il cerulo


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