il Dittatore. Fece quel che poté.
E seco porta un sacco di semente.
II.
A
NCORA dorme la città che ululò
d’amor selvaggio all’apparito Eroe
nel bel settembre. Emmanuele dorme
là nella reggia ove tanto tremò
l’erede esangue di Ferdinando. Implora 30Dominedio Francesco di Borbone
chiuso in Gaeta con la sua fulva donna,
con l’aquiletta bavara che rampogna.
“Calatafimi! Marsala!„ Chiama a nome [I cavalli di guerra]
i suoi cavalli di guerra il Dittatore, 35novo nell’alba, gli arabi suoi sul ponte
recalcitranti al vento che riscuote
il Golfo. Palpa le lor criniere ondose
che sanno ancor d’arsiccio, le lor froge
palpa, e le labbra frenate onde fioccò 40la spuma come neve su i moribondi.
Ed ei li pensa lungi, franchi del morso,
per le ferrigne rupi; e dice: “Anche a voi
la libertà!„ Quella divina voce
odono i due cavalli che hanno i nomi 45delle Vittorie e lui guatan con occhi
di fanciulli, ecco, obbedienti. Sorge