dischiude la porta 125delle eterne visioni.
Crescono in lui stagioni
ineffabili. La polve
dei secoli s’anima al fiato
della sua bocca e levasi in trombe 130impetuose. Le tombe
gli rendono i morti e i misteri.
Dal silenzio Egli trae tutti i suoni.
I novi pensieri suoi forti
per entro alle selve dei tempi 135si scagliano come leoni.
Sale il monte, scompare nell’atra
nube, parla con l’aquile e i vènti.
Dietro di sé lascia la turba
che latra, la città del sangue 140e del lucro, la femmina molle;
fa sosta ai torrenti.
Beve, come i profeti, nel cavo
della mano, mentre all’opposta
riva rugge il fratel suo flavo. 145Come l’artefice folle
del Macedone, ebro di fasto,
emulando con l’arte l’orgoglio,
foggia nel monte il colosso