d’Atene, e le vocali selve, e i fiumi
che il chiaro Ionio beve, e Siracusa
e Taormina e la natal Catana 150con l’orme che v’impressero congiunte
Ellade e Roma.
La luce regna. Una profonda vita
anima le ruine respiranti
per mille bocche cerule nel mare 155e nel cielo. L’alta erba occupa i gradi
marmorei, ove i secoli silenti
e invisibili ascoltano il tragedo
che non si noma.
Tra il cielo e il mare le deserte orchestre 160come stromenti cavi
s’aprono per accogliere la voce
misteriosa cui risponde il coro
dei Vènti peregrini.
E la tempesta che laggiù percote 165le grandi rupi immote
contra i frangenti, e il tremito del lieve
stelo tra i rotti fregi, son le note
dell’istessa parola eterna e breve.