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LAUDI DEL CIELO E DEL MARE

dell’Asia. E il Macedone scosse
la figlia di Zeus nudata
su le fondamenta fatali.
E fu quegli l’estremo
1386Eroe cui ella soggiacque.

Poi fu polluta per notti
e notti, tra il sangue e l’incendio,
dai centurioni di Roma,
premuta fu sotto le squamme
delle loriche pesanti.
Punsero l’ispide barbe
1393la sua mammella rotonda
che dava la forma alle coppe
d’avorio pei conviti
dei re. Nel suo ventre convulso
ruggire s’udì la lussuria
come rombo in conca marina.
Da sola ella fu la suburra
1400aperta all’esercito in foia.
Fu manomessa dai servi,
dai ladroni, dagli omicidi,
dai profanatori di tombe,
dai mercenarii fuggiaschi.
Calpesta in polvere e in fango,
lambì con la lingua lasciva
1407le calcagna dei violenti.

Soffiò dovunque il suo fiato
come insanabile peste.


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