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DELLA TERRA E DEGLI EROI

mani pecunia dolosa,
più vile del cencio e del fimo.
Oh effigie di gloria
1183nel chiaro metallo battuto,
quadriga trionfale,
deità astata, spica
opima, prora invitta,
terrestre e marina potenza
nel fermo rilievo inconsunto,
propagata bellezza
1190di acropoli vittoriose!
Non gli Apolloniasti
su le triere dipinte,
né i mercatanti di Tiro
nel segno d’Eràcle, né i Coi,
né i Rodii, né gli Ateniesi
di belle parole eran quivi;
1197ma frode e fame in agguato.

E nella notte illune,
quando s’accesero i fari
e il libico soffio si spense
e i siderei fochi
incoronarono i monti
e s’udì lontana la voce
1204del mare di là dai macigni
dei moli, noi tristi ridendo [Gli angiporti]
e cantando seguimmo
il prossenèta per cupi
angiporti graveolenti


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