6685alla vèrtebra nella schiena
che rabbrividisce di gelo
fùnebre alla carezza acuta.
Non lasciai la bocca morduta
sinché la saliva
non ebbe il sapor della vena.
Bevvi a una a una le stille 6692su la bianchezza del petto
che i rovi avean flagellato.
Vidi nelle aperte pupille
uno sguardo più fiso
che il ferreo sguardo del Fato.
E le labbra nel mio viso
non potean più ridere e gli occhi 6699non potean più piangere, o Amore!
E conobbi l’attesa
nella stanza che s’oscura
al giorno che declina;
quando la lama tagliente,
tratta dalla guaina
silenziosamente, 6706è posta nella piega
impura del lenzuolo,
per la vana vendetta;
e sul cuor solo che aspetta
sfacendosi in ascolto,
e su le mani e sul volto,
su tutte le misere carni, 6713passan gli uomini e i carri,