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DELLA TERRA E DEGLI EROI

4487ingìta di Demofoonte
cessò, come torcia riversa
che spengasi in putrido fango.
La dea lo rimosse dal fuoco
e lo depose a terra;
con disdegno uscì dalle case.
E la femminetta al fanciullo
4494piangente diè tepida pappa.

Ah, Metanira, Metanira,
imbóccalo, ingózzalo dunque
col tuo buon cucchiaio di bosso,
gónfialo d’orzo e di siero
finché vòmiti. Se d’ambrosia
l’ungea la straniera, tu stilla
4501per lui la sanie succulenta
dalle più crasse carogne.
E pàlpalo con le tue mani
sudaticce, fiutalo quando
il suo ventre fluisce,
lecca la sua pallida pelle
con la tua lingua viscosa
4508di gozzoviglia indigesta.
Ben ti conosco. Quando
spingesti tu contro la dea
la bocca imbavata di bile
e d’ingiuria, ti precedette
l’ignobilità del tuo mento.
Regina, conosco l’antico
4515tuo ceffo e il tuo nome novello.


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