Pagina:D'Annunzio - Laudi, I.djvu/137

DELLA TERRA E DEGLI EROI


Or un de’ cari compagni
recato avea prigioniera
in una gabbia intesta
di giunco una bella cicala
del regno di Pelope Eburno.
E cautamente sospeso
3010avea quella nassa terrestre
a poppa, e sópravi steso
un ramoscello di pino
reciso nell’Alti; e si stava
in ascolto avendo nel cuore
l’anacreontica lode.
Ma la regina del Canto, [La cicala]
3017l’ebra di rugiada e di luce,
su l’acqua oleosa del porto
tacevasi attonita all’ombra
dell’ingannevole fronda;
ché il suo luogo è la cima
dell’arbore o l’asta di Atena.
E noi ridevamo il deluso.
3024“Or tèntala dunque col dito!„

Salpammo l’àncora all’alba.
Patre era avvolta di sonno
torbido; ma l’alpi d’Etolia
sorgevano in veste di croco,
quasi Grazie pronte a danzare
sul fiore del Ionio, fasciate
3031dalla stephàne d’oro.
“Forse, a piè del letto ove giace


- 123 -