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DELLA TERRA E DEGLI EROI


Non l’ebrietà della strofe
né fronda di quercia d’olivo
di pino s’attendono, o Erme,
i conduttori dei carri
igniti cui circo e vittoria
è l’Orbe terrestre! Nel pugno
2611non reggon le redini anguste,
non figgono alle cervici
dei cavalli lo sguardo.
Governano ordigni più snelli
che il tèndine equino
ma possenti più ch’epitagma
scagliato nella battaglia.
2618Scrutano lo spazio ventoso,
i piani i fiumi i monti
che valicheranno. Obbedisce
il pulsante metallo
al tocco infallibile. Foschi
son gli intenti volti, notturni
come il volto di Ade re d’Ombre
2625che trae Persefóne piangente.

Traggono il pianto e l’affanno
degli uomini i lor negri carri,
il male degli uomini stretti
e misti nell’alito impuro,
il dolore e tutti i suoi frutti
sopportano, o Erme, il piacere
2632e i suoi fiori senza radici,
e l’avida gioia


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