lontano. O Alfeo d’Aretusa, 2121ch’io sia come te nel mio mare!„
Mi mossi allora, temprato
dal limpido gelo, mi mossi
ai dissepolti simulacri
che il triste ricovero chiude.
Pio pellegrino, le rose
del laurigero oleandro 2128e il fior violetto dell’agno-
casto io colsi tra le ruine.
Tutta la valle ardeva
di fiamma cerula, e il canto
delle cicale era come
il suono del foco celeste,
talor come il crèpito chiaro 2135degli arbusti arsi, dei fumanti
aròmati. La magra terra
fumava ed auliva d’incensi
come il sommo dell’ara.
La cenere delle ecatombi
svegliarsi pareva in faville.
Tintinno di tetracordi 2142era il vento etesio nei pini.
O Ippodàmia, nel rotto [Ippodàmia]
fronte del Tempio giacente,
io vidi te sola
tra Pelope e i quattro cavalli,
orrendo virgineo silenzio