- Ma questa mano trista che t’offese,
- col tizzo brucerò questa mia mano.
Trascinandosi su i ginocchi andrà verso il focolare e, stando carpone, cercherà un tizzo ancóra acceso, lo prenderà con la manca, ne porrà la punta nel cavo della destra mano.
- Mila
- T’è perdonato! No, non ti bruciare!
- Da me t’è perdonato, e Dio riceva
- il pentimento. Lèvati dal fuoco!
- Uno solo è il Signore del castigo;
- è quello che ti diede la tua mano
- per guidar le tue pecore nei paschi.
- E come pascerai tu la tua mandra
- se la tua mano ti s’inferma, Aligi?
- Da me t’è perdonato in umiltà.
- E del tuo nome io mi ricorderò
- a mezzodì, ma pure mane e sera
- quando pasturerai su la montagna.
- Il coro dei mietitori
- - Ehi là, ehi là, che è questo?
- — Così ci volete gabbare?
- — E noi vi sfondiamo la porta.
- — Su, su, pigliamo la trave!
- — Su, su, quel timone d’aratro!
- — Pecoraio, tu non ci gabbi.
- — Su, su, quel pezzo di màcina
- rotta e gettiamola a sfascio!